Lydia Silvestri
mostre personali
Lydia Silvestri
1974 "Storie d'Amore dalla Bibbia" – Galleria Levi, Milano
novembre (bronzi e legni)
 
Roberto Sanesi – "Presentazione al catalogo mostra personale Galleria Levi", Milano 1974
«Variabile forse imprevista, ma tutt'altro che incoerente nella scultura corporea, di forte impianto plastico quanto allusiva di Lydia Silvestri, quella che ora stravolge la costante erotica (a volte non priva di ironiche componenti, intrusioni tali da scioglierne l'evidente fisicità) in un contesto di estatici rapimenti mistici, d'amplessi e fughe e torsioni drammatiche intrisi di voluttuoso panconcettismo.
L'incursione in questa zona di "gagliardi impeti e gran tormenti", se da un lato giustifica la tematica erotica da lei già affrontata facendo ora ricorso a una severa tradizione fra Bibbia e Emblems Books di tono barocco–metafisico, dall'altro accentua quella dominante più sottilmente morbosa, da carne morte e diavolo, che si intravvedeva nell'opera precedente dell'artista senza che tuttavia emergesse ancora con prepotenza.
Unitarie come impostazione di fondo, senza dubbio aggressive per la tensione e l'accumulazione degli elementi, allucinante nel groviglio dinamico delle figure (o meglio, reperti anatomici) aggregate o dilacerate così da imporre il senso di una separazione impossibile, di una ripulsa e nel medesimo tempo di un abbandono ai godimenti più o meno innominabili del sadomasochismo del martirio, ai limiti del blasfemo ma all'interno di un'area culturalmente ineccepibile, raffinate nell'equilibrio fra barbarico e popolare, queste sculture riescono ad evitare, nell'invenzione costruttiva, sia un compiacimento estetizzante che pure avrebbero motivo di rivelare, sia un'eventuale, eccessiva, esteriorizzazione delle intenzioni e delle situazioni.
I riferimenti sono scoperti, a livello di documentazione testuale rigorosa anche là dove debbano o possano essere rintracciati in opere o in climi politico-religiosi non immediatamente ovvi o definitivi.
 
Per quanto riguarda il tema delle figlie di Lot si dovrà fare ricorso alla Genesi (XIX, 30-36): “ E la maggiore disse alla minore: Nostro padre è vecchio, e non vi è più uomo alcuno ch’entri da noi… Vieni, diam da bere del vino a nostro padre, e giacciamoci con lui…”. Per quanto riguarda Maria Maddalena, l’ossessa esorcizzata da Cristo, la peccatrice pentita, la fonte è data dai Vangeli, quello di San Luca in particolare. Per quanto riguarda Santa Teresa, a parte la Vida, esiste un corpus storico-letterario vastissimo, dai metafisici inglesi del XVII secolo (con Richard Crashaw in evidenza) ai decadenti, e un’iconografia sia colta sia popolare, di impianto barocco, dall’ex-voto (e varrà la pena ricordare come la tematica e la titolazione dell’ex-voto abbia rappresentato un punto fermo e insistito nella scultura della Silvestri; vedi mostra Galleria Vismara 1965) fino, per assonanza, alle estenuate e languide sante e martiri del Bernini, alle quali indistintamente sarebbero riferibili i versi emblematici e inquietanti dell’autore di Saint Mary Magdalene, del Carmen Deo Nostro, dell’Hym to the name and honor of the Admirable Saint Teresa: “Perocché ella spira tutto fuoco. Il suo fragile petto palpita dell’intensa bramosia di quel che ella cercherebbe invano fra i baci di sua madre”.
 
La presenza dominante è quella di una specie di Nostra Signora dello Spasimo evocata sotto forme diverse. Siamo in piena atmosfera di torbide crudeltà, di sensualità tormentosa e ambigua, di isterismi oscillanti fra cattolicesimo e voluttà (la voluttà che deriva dal pensiero dell’orrore della trasgressione), sempre pronti a giustificarsi come “glorification des sacrifices” e magari “apothèose des redempteurs”.
Atmosfera in certo senso fuori moda, ma forse solo in apparenza, e decisamente rischiosa, se la Silvestri, nel recupero di questo materiale difficile non riuscisse, come già le era accaduto in altre prove, ad attenersi a un punto di rara fusione fra i suggerimenti figurativi imposti dalla tematica e un’invenzione formale-interpretativa retta dall’intelligenza e tale da condurre a risultati che pur mantenendo intatta l’intensità preziosa e sinistra di un’estasi erotica, l’accentuata acutezza dei sensi applicata all’idea del dolore, non concedono nulla a compiaciute morbidezze tonali di decadente impressionismo linguistico.
La situazione di base si offre, sia pure esaltata, come trasposizione, visione filtrata dall’avventurosa, impaziente ma solida capacità selettiva razionale dell’artista. Nel gioco metamorfico delle figure sconvolte, l’evidenza del simbolo fallico o dell’indifesa nudità femminile evitano ogni volgarità. L’urto proviene da motivazioni diverse. L’inquietudine è sottile. La Silvestri procede per trasposizioni, se non per metafore, e la sua scultura finisce con l’essere in qualche modo critica, giudicante. Sarebbe comunque inesatto parlare di simbolismo. Dell’erotismo si evidenziano le lacerazioni. Il piacere, di cui non si ignorano la fisicità e gli strumenti, è anche partecipazione mentale. Fino a curiosa “moralità”.
 
La struttura portante di queste opere fortemente dinamicizzate, quasi private di un centro, legate in ritmi di vigorosa scansione plastica, è una sorta di dialettica mobile, ambigua, attuata per scambi reciproci di forze, per torsioni o soppressioni dei particolari figurali non essenziali al “racconto” (il peso che assume, in certi casi, l’”assenza”), per accumulazioni e divaricazioni, attrazioni e negazioni. Dovendole situare , direi che queste sculture attengono, ma genericamente, a un’area surreale, non necessariamente al Surrealismo, piuttosto a una “metafisica” in senso visionario: Donne, Blake, Thomas in letteratura. Formalmente “impure” per la compresenza, soprattutto se paragonate ad esiti precedenti, di riferimenti stilistici di provenienza diversa e lontana, dalla più spinta e levigata strutturazione geometrica al fantasioso baroccheggiante, da una rudezza primitiva a un’accensione bizantina fino all’abile inserzione dell’elemento classico o popolare (per esempio il sacro cuore di Gesù) senza scadimenti nel Kitsch, esse si presentano bloccate in una indubbia, curiosa unità espressiva che si direbbe raggiunta attraverso un puro, controllato meccanismo logico dei contrari»
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Roberto Sanesi


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