1965 "Ex Voto " - Galleria Vismara, Milano ITA
novembre (pietre e marmi, disegni)
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Marco Valsecchi – "Presentazione al catalogo mostra personale Galleria Vismara", Milano 1965 «Questa mostra di Lydia Silvestri riassume circa tre anni di lavoro ma si caratterizza per una evoluzione coerente e lucida di ricarca in sintesi dei volumi formali.
Non è una scultura da polpastrello, che cresca nella sensibilità del modellato che insegue la mobilità atmosferica. È, tutto all'opposto,una scultura di concentrazione perchè l'artista, pur partendo dal dato naturale, tende a raggiungere una "figura" ideale tutta tesa nelle sue poderose tensioni di energia. Ed è, questo, il momento che caratterizza i "Torsi". L'attrazione fisica di un corpo umano diventa man mano una sintesi di immagini ideali, una continua trasformazione dell'intelligenza creativa fino a raggiungere per successive proposte un'apparizione formale del tutto autonoma, dove la figura si esalta nel continuo vigore del ritmo, nella serrata dialettica dei solidi che si dispongono secondo una sequenza tesa a creare, pur nel chiuso dei volumi, una circolarità sinuosa di profili e di essenzialità formali. È chiaro che l'artista non intende negare, per inseguire i suoi ideali la realtà momentanea e fisica, ma semmai a superarla in una sublimazione di apparenze; e forse dico meglio ad esaltarla nella visione di una sua essenza intellettuale, per cui la caducità naturale cede a una immagine che aspira a fissare la purezza e l'atemporalità di un archetipo. La prova è evidente, ripeto, nei "Torsi" dove il suggerimento figurativo è portato sempre a un grado di metamorfosi formale che scavalca la catena della cronaca, per affermare una sequenza di valori assoluti.
Ma il processo di creazione autonoma si chiarisce nel procedere di questa invenzione astrattiva, che conduce alla serie degli ultimi "Ex Voto". Qui l'arte si manifesta come una invenzione assoluta, non una riduzione di elementi figurali ma una affermazione totale di valori intellettivi. L'artista ha questo diritto per la natura stessa dell'arte, che è sempre il fiore supremo di un'immaginazione. Non si tratta di rifiutare il mondo quotidiano, ma di offrirgli forme immutabili create dall'intelligenza per arricchire la serie dell'esistente con forme derivate dalla pura invenzione.
A questo punto degli "Ex Voto" la scultura di Lydia Silvestri diventa un fulgore combinato per ineffabili parallelismi fra rigori di volumi e fulmineità di luce: e intendo dire una luce dell'intelletto, assoluta nella sua tensione immaginifica.
È un percorso che ho voluto tracciare per cogliere in successione persuasiva la graduale affermazione scultorea compiuta dall'artista. Ma ora sento la necessità di avvertire che il processo non si è compiuto nel raggelamento progressivo di un volume, ma direi piuttosto nell'eccitazione avventurosa della scoperta. Per cui questa intelligenza immaginativa, che nell'ovulo degli "Ex Voto" ha trovato una sua prima conclusione, contiene un calore che si comunica per rifrazioni interne.
Non è una cristallizzazione. Nel momento culminante della conclusione geometrica avviene un moto irresistibile di rivolta inquieta, una prontezza di reazioni emotive che rompe il fluire del troppo nitido ritmo geometrico con un motivo di improvvisa impennata, che inserisce di nuovo nella maturazione ideale l'estro di un istinto fantastico che non si lascia sopprimere, il gusto di una complicazione che trascina in quell'ordine, con violenza e grazia una memoria di sensi vissuti, un'ambiguità di riferimenti anatomici.
Ci si accorge insomma che l'intelligenza creativa della Silvestri sa accostare l'immagine poetica degli estremi opposti del massimo rigore, della sensibilità viva, e di una surreale ironia, con un incontro finale di contraddizioni che ricreano, nel momento della classica perfezione e stasi, uno scarto avventuroso, un motivo di nuova apertura dinamica, Non è un ricciolo gratuito di eleganza, ma l'inserzione prepotente di un atto estroso che scintilla della sua stessa inattesa esplosione e riconduce uno slancio vitale laddove la purezza poteva bloccarsi nella sua ideale astrazione».
Marco Valsecchi